venerdì 3 luglio 2015

Prelievo forzoso. Bufala o realtà?



Va innanzitutto chiarito che il termine "prelievo forzoso" è quanto mai inadeguato a descrivere la Direttiva Europea 2014/59/UE. Il prelievo forzoso è una tassa sul patrimonio depositato dai cittadini nelle banche che lo Stato applica senza consenso o autorizzazione dei correntisti.
In questo caso si parla di salvataggio di una banca in fallimento. “La norma stabilisce che dal 2016 i problemi di fallimento degli istituti di credito andranno risolti dall’interno, non con interventi esterni, anche ricorrendo ai depositi superiori ai 100mila euro, oltre che agli azionisti e agli obbligazionisti meno assicurati” (Fonte: Sole 24 ore).
In pratica la legge approvata stabilisce la non rimborsabilità dei conti correnti al di sopra della cifra di 100mila euro tenuti in una banca che fallisce e in cui né azionisti né obbligazionisti riescono a far fronte alle eventuali perdite.
Prima di questa direttiva gli azionisti non pagavano.
Questo il comunicato del ministero:
La legge reca i criteri di delega per la trasposizione nell’ordinamento nazionale di numerose importanti direttive europee, come appunto la BRRD che istituisce un regime armonizzato per la gestione delle crisi delle banche, che comprende: misure per prevenire l’insorgere di crisi e misure di intervento precoce idonee ad affrontare con successo casi di banche in difficolta'; misure preparatorie perché una eventuale risoluzione possa essere condotta rapidamente e con i minimi rischi per la stabilita’ finanziaria del Paese; strumenti di risoluzione comuni a tutti i Paesi membri per risolvere efficacemente le crisi in alternativa alla liquidazione quando la crisi stessa potrebbe avere un impatto sull’intero settore; istituzione del Fondo nazionale di risoluzione. La finalita’ della direttiva e’ quella di evitare liquidazioni disordinate, che amplifichino gli effetti e i costi della crisi, dotando l’autorita’ di risoluzione di strumenti che consentano un intervento precoce e efficace, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario. In Italia l’autorita’ di risoluzione e’ la Banca d’Italia. La legge nazionale disciplinera’ la procedura di risoluzione, di nuova introduzione, in alternativa alla liquidazione coatta amministrativa.
La possibilita’ di attuare misure di sostegno pubblico risultera’ fortemente limitata, in modo da ridurre il rischio che vengano utilizzate risorse dei contribuenti per salvataggi di singole istituzioni bancarie. Con le nuove norme nessun creditore puo’ subire perdite maggiori di quelle che avrebbe sopportato in caso la banca fosse stata sottoposta a liquidazione coatta amministrativa secondo la normativa oggi in vigore. La direttiva invece esclude esplicitamente alcune categorie di crediti escluse dal contributo alla risoluzione della crisi bancaria. Ad esempio, oltre che i depositi protetti (cioe’ i depositi ammessi al rimborso da parte di un sistema di garanzia dei depositi, fino a 100.000 euro), sono escluse le passivita’ garantite, le disponibilita’ detenute dalla banca per conto del cliente (per esempio il contenuto della cassetta di sicurezza o i titoli depositati in un conto apposito), o i crediti da lavoro o dei fornitori. L’autorita’ di risoluzione puo’ escludere altre categorie di crediti, al ricorrere di determinate condizioni secondo una valutazione da fare caso per caso.
La direttiva BRRD ha anche introdotto dei criteri di privilegio dei crediti (la cosiddetta depositor preference): gli Stati nazionali devono modificare la gerarchia dell’insolvenza in modo tale che i crediti dei depositanti siano preferiti rispetto ai crediti chirografari e cosi’ fa l’Italia con il recepimento della direttiva. Il massimo privilegio nella tutela riguarda tutti i depositi fino a 100.000 euro (depositi protetti) e i depositi oltre questa soglia di persone fisiche, microimprese e piccole e medie imprese. Infatti i depositi protetti sono sempre esclusi dal bail-in, mentre in ragione della depositor preference anche i depositi sopra soglia di persone fisiche e piccole e medie imprese potranno risultare sostanzialmente indenni.
In conclusione se è eticamente discutibile il prelevare soldi da conti correnti con più di 100 mila euro, si deve tener conto che attualmente un salvataggio simile se lo accolla comunque la collettività.
Uno potrebbe pensare che si possa decidere di non salvarla affatto una banca che fallisce, ma in quel caso si deve mettere in conto che a perdere soldi sarebbero tutti i correntisti.

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