giovedì 28 marzo 2013

Il Calvario di ACAM: prima stazione


Il consiglio comunale, del comune della Spezia, del 26 marzo 2013, è stato un NON consiglio comunale in realtà. Si doveva parlare della situazione della azienda del trasporto pubblico ATC e del paventato bacino unico, ma non è stato possibile.
L'intervento di un nutrito numero di lavoratori di ACAM, giustamente spaventati dalle dichiarazioni rilasciate, dal loro amministratore delegato, ai giornali, ne ha impedito di fatto lo svolgimento.
Il tentativo di anticipare il consiglio comunale del 2 Aprile è comunque fallito e quindi non si è affrontato nemmeno in modo organico il problema ACAM. Il tutto si è ridotto a un tentativo di dare risposte da parte del Sindaco Federici e a un question time della consigliera Cossu.
Questo è quanto, all'atto pratico.

Eppure a mio parere l'altro ieri sera è accaduto qualcos'altro. 
Mentre il Primo Cittadino parlava e cercava di rassicurare che tutto il possibile sarebbe stato tentato, io ho avuto netta la sensazione che tutti, ma proprio tutti, nella sala comunale erano consapevoli di essere alla fine di un ciclo, all'inizio di un percorso obbligato e doloroso e al capezzale di un sistema morente.
ACAM non è solo una partecipata del comune della Spezia. 
ACAM è un sistema sbagliato di gestione della cosa pubblica che è durato tanti, troppi, anni.
In ACAM i comuni hanno infilato per anni persone per convenienze non solo di tipo elettorale, ma avendone anche un ritorno in termini di lavori svolti dall'azienda e mai pagati. 
Noi oggi fatichiamo perfino a ottenere informazioni dettagliate su quanto i vari comuni della provincia debbano all'azienda.
Con la sentenza del 20 marzo 2013, il tribunale della Spezia ha messo un punto fermo sulla possibilità di fallibilità di ACAM.
L'azienda non può fallire, in quanto almeno due delle sue controllate, ACAM Acque s.p.a. e ACAM Ambiente s.p.a. forniscono servizi pubblici locali e di interesse generale e su di esse i comuni esercitano un controllo analogo a quello che essi espletano sui propri servizi interni.
Tradotto in altri termini, sono paragonabili a enti pubblici, per cui non possono fallire. In compenso sono i suoi azionisti a doversi fare carico del debito nei confronti dei creditori.
Questo è un passaggio cruciale nel calvario che Acam (e i suoi lavoratori) stanno vivendo. 
Di fatto le responsabilità vengono respinte ai veri mittenti: i comuni.
Anni di gestione clientelare e tesserocratica della partecipata si potrebbero tradurre, in un futuro molto ravvicinato, nel default dell'intera provincia della Spezia.
Tutti ne erano coscienti in quel consiglio comunale. 
Lo era il Sindaco, mentre sosteneva la sua posizione, secondo cui un piano per il salvataggio della azienda è ancora possibile.
Lo erano i lavoratori, nei cui occhi si leggeva la consapevolezza che se il loro cruccio più urgente è lo stipendio di marzo, il loro vero problema è che una volta messa una pezza, ogni mese sarà così, in una lenta agonia.

Cosa significa in poche parole un default? Significa che il debito di Acam, suddiviso tra i suoi proprietari in proporzione alle quote azionarie che possiedono, è tale da mandare in "fallimento" gli azionisti stessi, ossia i comuni.
Dato che un comune non può fallire questo implica un commissariamento e 
il commissariamento a sua volta comporta degli step precisi per saldare il debito. 
Tra questi step ci sono la vendita di beni del comune (che sono beni di tutti noi), l'aumento delle tasse locali al massimo consentito dalla legge e quanto altro  possa favorire il rientro dal dissesto finanziario.
Credo che la presa di coscienza del male sia il primo passo verso la guarigione e che il consiglio di due giorni fa costituisca il primo momento, la prima stazione, di una via crucis ancora lunga, ma che porterà entro un tempo ben determinato alla fine di questo status, ormai non più sostenibile, per i lavoratori, per le comunità locali e per l'azienda.
Poi, lungo la via, come sempre, ci saranno quelli che urlano e inveiscono e che magari chiederanno a noi di indicare una soluzione ai danni fatti da loro, che magari sono proprio gli stessi che quando si poteva evitare tutto questo hanno scelto Barabba...

2 commenti:

  1. Considerando che un danno fatto da un socio se non può pagare lo paga tutta l'associazione e se l'associazione non può pagare pagano i singoli soci, che in default ci vadano i partiti che hanno generato il dissesto con le loro incapacità colpose e dolose e coloro che li hanno sostenuti.
    Si metterebbero le basi del voto consapevole, vince la maggioranza ma non ai danni della minoranza.

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  2. La vicenda Acam è l'occasione buona per far saltare Federici e l sua giunta di incompetenti.

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