lunedì 6 maggio 2013

IVA sui libri digitali: quando l'idiozia si fa europea

In questi giorni di crisi, una scuola della Spezia si sta interrogando se attivare un progetto pilota che porti all'introduzione graduale di tablet come strumento per la didattica. Il dibattito è molto vivo e interessante perché si ragiona sulla
validazione di carattere pedagogico e culturale e sulla valutazione di possibili ricadute sulla salute di bambini e adolescenti esposti a un uso massiccio di devices tecnologici.Tra i motivi (non è l'unico) che pesano a favore della adozione di questa tecnologia vi è la possibilità di ridurre i costi di acquisto dei libri per le famiglie. Il progetto che prevede un introduzione graduale e una concessione in comodato d'uso gratuito, è senza dubbio lodevole e innovativo, ma si sta scontrando con un limite imposto dall'idiozia della nostra cara Europa.
Se l'iva sui libri in Italia è al 4%, dato che questi sono considerati giustamente prodotti culturali, quella sugli ebook è bloccata al 21%.
L'Europa considera difatti i libri in formato digitale dei servizi, per i quali prevede l'aliquota massima.
Il 6 dicembre 2012, in pieno governo Monti (che a parole aveva fatto dell'agenda digitale e della informatizzazione un cavallo di battaglia), l'ex ministro della Cultura francese, Jacques Toubon, delegato del ministero della Cultura francese per le questioni fiscali, è andato alla Fiera della piccola editoria di Roma per cercare di convincere anche l’Italia ad abbassare l’Iva sugli ebook: la Francia è portavoce in Europa di una coalizione di paesi che chiedono di ridurre le tasse sui libri digitali. Oltre la Francia hanno già aderito la Spagna, la Svezia e il Belgio.
Toubon in questo incontro ha spiegato che la Francia non ha nessuna intenzione di adeguarsi alla norma europea, considerata assurda e contro i consumatori europei e la diffusione della cultura e del sapere. 
Anche il presidente dell'Associazione italiana editori, Marco Polillo, ha chiesto inutilmente al governo Monti di abbattere quei 17 punti di differenza di aliquota Iva che penalizzano i libri digitali.
La risposta del sottosegretario Peluffo è stata la solita fuffa: «noi abbiamo fatto un'ampia campagna sulla lettura: 1.978 spot televisivi, 2.298 passaggi radiofonici e 65 uscite su giornali e periodici. La comunicazione è un elemento strategico e deve continuare». In sostanza però il problema è stato rimpallato all'Europa tanto che sull'iva si era così pronunciato: «Tutti vorremmo abbassarla. Non è però nella disponibilità del governo italiano, ma dell'Unione Europea. Non siamo noi a decidere e il governo Monti non vuole fare infrazioni".
Poco più di un mese fa (il 26 marzo 2013) il ministro dell'Istruzione, Francesco Profumo,  ha varato il decreto che manderebbe in soffitta i libri cartacei dall'anno scolastico 2014/2015 e che dovrebbe far fare alla scuola italiana un passo avanti importante.
Il condizionale è d'obbligo perché se uno dei punti di cui si fa forza il decreto è il risparmio che le famiglie avrebbero sull'acquisto dei libri, fino a che l'Europa persevererà nella sua politica non sarà possibile per genitori e figli ammortizzare con il minor costo degli ebook la spesa per l'hardware.
Questo dubbio viene sollevato anche dall'associazione italiana editori secondo cui «le pesanti ripercussioni sui bilanci delle famiglie, sulle quali si vogliono far ricadere i costi di acquisto delle attrezzature tecnologiche (pc, portatili, tablet...), quelli della loro manutenzione e quelli di connessione, nelle altre esperienze europee e degli altri paesi a ovest e a est dell'Europa sono solitamente affrontate con consistenti finanziamenti pubblici».
Ma come si può spiegare una posizione così miope da parte dell'Unione Europea? Stando a Toubon una delle cause va ricercata nella volontà di favorire le multinazionali dell’on line che in America l’Iva non la pagano.
L'Europa sostiene invece, per bocca del commissario Semeta, che riducendo l'iva sugli ebook si alterano le regole della concorrenza all’interno dell’Unione Europea, dato che secondo lui l’e-commerce consente al consumatore di scegliere dove acquistare.
Un’affermazione del genere dimostra un’ignoranza totale delle minime regole del commercio elettronico: se io dall’Italia voglio acquistare un ebook su Amazon.fr, pago la sovrattassa legata alla transazione in un altro paese, così come accade su acquisto su Amazon.com e in base ai contratti firmati dagli editori, non è affatto detto che lo stesso prodotto sia disponibile su uno store di un altro paese.
Viene da chiedersi che senso abbia parlare di Unione Europea quando manca una fiscalità condivisa al 100% (e badate bene che gli ebook in questo contesto sono l’ultima ruota del carro) e quali altre dimostrazioni dobbiamo attendere, del totale disinteresse per i suoi cittadini, da parte dell'Europa per convincerci che l'Unione è ancora tutta da fare e quindi andandosene si disfa poco o nulla.

1 commento:

  1. Altro esempio io che ho una connessione digitale grazie al satellite tedesco SKydsl pago iva al 19% invece che al 21% perchè l'aliquota massima applicata in Germania è appunto il 19% ( per i servizi) Uso la connessione come privato e quindi non scaricandola come studio mi pago l'iva del paese membro. Se volessi potrei anche col "reverse charge" in pratica non versare l'iva ai tedeschi ma neanche qui in italia... Le norme europee in fatto di fiscalità sono assolutamente fuori da ogni logica.

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