domenica 28 luglio 2013

Lo Statuto "Giorgino"


Incomincio ad esser vecchio e, come tutti i vecchi che si rispettino, inizio a avere ricordi ricorrenti di esperienze passate e mi capita sempre più spesso di iniziare le frasi con la frase che più di ogni altra fa ronzare il cicalino del 'vecio detector': "ai miei tempi".
Bene, ai miei tempi si insegnava educazione civica nelle scuole e, nelle poche ore dedicate a questa materia, la profe o il profe insegnavano parti della costituzione italiana.
A volte, ricollegandosi a storia venivano portati avanti raffronti tra la nostra costituzione e quel che esisteva prima di essa, per raccontarne analogie e differenze.
In particolare il raffronto scolastico si incentrava di solito sulle analogie e sulle differenze esistenti tra la nostra Costituzione e lo Statuto Albertino di Casa Savoia.
La principale differenza che era poi anche domanda classica alle interrogazioni, è costituita dal fatto che lo Statuto Albertino è una carta costituzionale flessibile in quanto poteva essere facilmente modificata con una legge ordinaria. La nostra Costituzione, al contrario viene definita una carta rigida perché non tutti gli articoli possono essere modificati e le eventuali modifiche possono essere apportate solo tramite leggi costituzionali, regolate dall'articolo 138.
Questa rigidità veniva definita una garanzia di continuità nelle regole  e una garanzia di democrazia che un Re non avrebbe mai accettato, dato che spesso i Re hanno la necessità di affermare un giorno il contrario di quanto affermavano il giorno precedente
E' abbastanza chiaro quanto sta succedendo in questi giorni. I tentativi di demolizione dei nostri diritti passano per i tentativi di modifica dell'articolo 138 il quale rappresenta, per usare un paragone informatico, il kernel, il nucleo dell'intero sistema operativo rappresentato dalla Costituzione nella sua interezza.
Ci troviamo nella situazione in cui chi dovrebbe scrivere i programmi da far girare sul computer Italia pensa e progetta un virus, una alterazione profonda dei meccanismi che i progettisti, i padri costituenti, a suo tempo faticosamente misero insieme. 
Invece di pensare a sviluppare gli applicativi (le leggi) che servono all'Italia oggi queste persone stanno cercando di sabotare la macchina, in ogni modo possibile. E le analogie con il passato, purtroppo, non finiscono qui.
Lo Statuto Albertino veniva concesso dal Re, al contrario della Costituzione, che ha avuto bisogno di una assemblea costituente per essere redatta da rappresentanti delle varie anime dell'allora popolo italiano. I Re restavano in carica a vita.
Noi oggi abbiamo un presidente della repubblica rieletto che ha una età tale per cui la sua carica la si può definire a vita.
Permettere a queste persone di alterare l'articolo 138 riportando a deliberazione semplice la votazione per le leggi costituzionali significa tornare de facto allo statuto Albertino, dando a un Giorgio Napolitano il ruolo di Re nominato da una corte partitocratica che non rappresenta altri interessi se non quelli di una corte, di una casta.
Questo, semplicemente non è ammissibile.
Ritornando ai ricordi di "vecio", io ho avuto la fortuna (per me lo è stata) di aver svolto il militare di leva, ultimo scaglione a farsi i 12 mesi canonici.
Quando si svolgeva il militare di leva si giurava, alla fine del periodo di addestramento, fedeltà alla Costituzione italiana.
Bene, quella Costituzione io ho giurato di difenderla, articolo 138 compreso, così come è ancora scritto, con tutti i mezzi a mia disposizione, anche a costo della vita.
E per quel che può valere io non sono mai stato e non sarò mai uno spergiuro.

ART. 138
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. 

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