martedì 30 settembre 2014

Un inferno di rifiuti elettronici

Quello che più mi ha stupito del video "e-waste hell" è che solo 104 mila persone lo abbiano visto. A mio avviso è un video che andrebbe proiettato nelle scuole e divulgato nel modo più ampio possibile, in quanto è molto educativo e il problema che solleva sottovalutato. 
Gli avanzi tecnologici del nostro consumismo finiscono in paesi come il Ghana o la Cina e noi tranquillamente ci mettiamo in coda alle 5 del mattino per cambiare un telefonino che funziona ancora, senza porci il problema di dove andrà a finire quello vecchio che è obsoleto solo nella nostra testa. 
Lo stesso discorso vale per monitor e altre parti di computer, e apparecchi elettrici casalinghi, cambiati spesso perché "vecchi" ma funzionanti dei quali ci liberiamo spesso a cuor leggero e  senza farci troppe domande su dove andranno a finire.

I Raee (rifiuti da apparecchi elettronici ed elettrici) sono gli eredi dei rifiuti tossici che negli anni 80 (e non solo) partivano dal "Golfo dei veleni", l'unica differenza è che sembrano in apparenza più innocui perché un conto è vedere un fusto della Jolly rosso e un conto un case di un vecchio computer.

Eppure se non smaltiti correttamente, i Raee possono sprigionare sostanze altamente dannose: basti pensare ai gas CFC che si sprigionano in atmosfera dai frigoriferi o ai metalli pesanti, come il mercurio, il cadmio, il piombo che se lo smaltimento di questo genere di rifiuti non avviene a norma, si disperdono e penetrano nel terreno e nelle falde acquifere contaminando la catena alimentare.

L'aspetto più insidioso di questo tipo di rifiuto è che lo vediamo come un problema lontano, non troppo pericoloso, un problema altrui che invece è molto più vicino di quanto non sospettiamo. E' anche in Italia (verso la fine del video viene anche citato il nostro paese tra i fornitori "ufficiali" di rumenta) ed è anche in Liguria.

Siamo una regione di mare, di porti e di container, per cui è prevedibile che una parte di quel 70% di prodotti elettronici di cui si perde traccia passi per i nostri porti per andare chissà dove, ma se pensiamo di essere solo il breve tratto del lungo viaggio illecito che una parte dei Raee percorrono, sbagliamo di grosso. 


Stando al rapporto di Legambiente "I pirati del Raee" sono sei le discariche abusive di e-waste sequestrate finora alle ecomafie liguri. Di queste una è a Genova, una alla Spezia e una a Savona



Nel capoluogo ligure è stata sequestrata una discarica abusiva, in località Sant'Olcese per un totale di 9000 metri quadrati sequestrati.
Facendo un paragone con le altre regioni, la Liguria è una delle più virtuose, il che non deve consolarci ma darci una vaga idea della dimensione del problema: sono infatti 299 le discariche abusive in tutta ritrovate finora in Italia.

Nel solo 2012 i abbiamo prodotto in Italia 800 mila tonnellate di spazzatura elettronica. Di queste, circa il 70% viene catturato dal mercato illegale, per poi finire in discariche abusive e traffici illeciti internazionali. Puglia (13,4% del totale), Campania (12,7%), Calabria e Toscana (11%) guidano questa poco invidiabile.

A rendere i Raee forse ancora più pericolosi dei rifiuti chimici degli anni andati vi è l'aggravante che sono delle autentiche "miniere urbane", per cui il traffico illegale non si limita a cercare "solo" un buco in cui seppellirle per dimenticarsene, ma posti in cui la disperazione sia sufficientemente elevata da consentire a speculatori senza scrupoli di creare un commercio basato sullo sfruttamento di moderni schiavi, sopratutto giovani e giovanissimi.


Il nome che più spesso emerge dalle inchieste è la Cina. Al secondo posto figura la Grecia, seguita dall'Albania, dall'area del Nord Africa, da quella del Medio Oriente e dalla Turchia. 


In Cina, i raee finiscono nella più grande discarica e-waste del mondo, nella provincia del Guadong, nel sud del Paese. L'80% dei rifiuti elettronici ha come meta una sola città - Guachzhu, situata nella provincia meridionale del Guangdong: un vero inferno dei rifiuti elettronici.

Pensate che la discarica locale occupa ben 52 chilometri quadrati. Li vengono smontati computer, stampanti, televisori, ecc. direttamente a mani nude. Di regola, ogni giorno la discarica brucia quanto circa 100 incendi di grandi dimensioni. Gli acidiusati per ripulire i chip, situate sulla riva del fiume Lianzhan,scaricano nel fiume stesso.

Per fare un esempio, il riciclaggio di un vecchio computer, tipo 486, porta ad un profitto di 20 $. Alla manodopera "schiava" vanno pochi centesimi. 
In compenso, gli uomini d'affari di Guachzhu guadagnano qualcosa come 3 miliardi di dollari l'anno.


La stessa scena si ripete (fonte Greenpeace) anche ad Accra, la capitale del Ghana dove ogni giorno affluiscono, senza alcun controllo, migliaia di tonnellate di rifiuti elettronici. 
All'origine di questi traffici possono esserci anche container all'apparenza innocui, come quelli sequestrati nei porti italiani, con i rifiuti "mascherati" dietro una prima fila di monitor "riutilizzabili".
Si parla di un fenomeno da 93 reati al giorno, 33.817 in totale che tradotto in cifre fa circa 16 miliardi e 600 milioni di euro nelle tasche della criminalità ricavati sulle spalle della società civile, del paesaggio, della biodiversità e della natura. 


Per guardare al "nostro orticello" non più tardi di un anno fa, nell'agosto 2013 la Dogana della Spezia in collaborazione con la Capitaneria di Porto e la locale ARPAL hanno intercettato un traffico internazionale di rifiuti destinati alla Repubblica Popolare Cinese.

il meccanismo fraudolento utilizzato era ingegnoso. La merce rinvenuta all’interno dei container e vincolata al regime dell’esportazione con destinazione finale in Cina era già dichiarata quale rifiuto (fra l’altro, non pericoloso), e veniva qualificata quale “ROTTAMI A PREVALENZA RAME DA APPARECCHIATURE ELETTRICHE FUORI USO” classificabile al codice “GC 020” previsto dalla Convenzione di Basilea, ossia la convenzione internazionale che regola il commercio transfrontaliero di rifiuti. 
Per tale specifico codice, la Cina ammette l’ingresso sul proprio territorio solo qualora il rifiuto sia costituito da cascami di fili o da rottami di motori elettrici, vietandone invece l’importazione in tutti gli altri casi.

In realtà, all’interno dei container ispezionati dai funzionari doganali e dal personale della Guardia Costiera, con la collaborazione del personale tecnico dell’ARPAL della Spezia, sono stati rinvenuti rottami metallici di vario genere e dimensione, elettrodomestici usati, parti di biciclette e parti rilevanti di un distributore stradale di benzina ormai fatto a pezzi (si riconoscevano, in particolare, le scritte “BENZINA SUPER – BENZINA SENZA PIOMBO – DIESEL” presenti sulla colonnina di distribuzione).

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