venerdì 3 ottobre 2014

Articolo 18 No! Articolo 18 Si!


Lunedì 29 sera, in consiglio comunale l'ordine dei lavori è stato modificato per la presentazione di ben 4 mozioni "a difesa" dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori. 
Ho imparato a non fermarmi alle apparenze e se è più che comprensibile, visto il momento particolare, che vi sia un interesse al dibattito politico sull'argomento è pur vero che a livello comunale non si può fare molto nel concreto, anzi, si può fare ben poco se non spendere parole retoriche in difesa del diritto al lavoro.

Ieri sera sono affluiti, spinti dai sindacati, una trentina di padri di famiglia, giustamente preoccupati e allarmati per la possibilità di veder messo a rischio il loro diritto al lavoro. 
Li guardavo, trascinati li nella speranza di sentire una parola rincuorante da parte di chi da venti anni in qua è complice o limitrofo alle cause dei loro problemi.

In sottofondo sentivo tanti discorsi. In mente avevo le parole del sindacalista che li accompagnava, secondo cui portandoli in consiglio comunale: stava facendo "il suo lavoro". 

Secondo me il suo lavoro sarebbe altro che "usarli" in un simile contesto per fare pressioni sui consiglieri e il suo lavoro è talmente difficile che dovrebbe assorbire il 100% delle sue energie visto che con la globalizzazione difendere gli interessi dei lavoratori a livello locale è praticamente impossibile. 
In un contesto globale in cui la contrattazione si riduce a cedere su tutta la linea o a sentirsi dire "delocalizzo" difendere i diritti dei lavoratori non è semplice se si è onesti.
 A vederli li, in quella sala mi parevano un gregge malmesso,  guidato da un cattivo pastore dritti nelle fauci del branco di lupi.

Sopra le loro teste e sopra le teste di quelli come me, che l'articolo 18 non ha mai difeso o salvaguardato una sola volta, sulle teste delle partite IVA e degli autonomi di quelli che per i sindacati non esistono,  si gioca una partita sporca.
E' l'ennesima farsa della "sinistra" contro la "sinistra", di Renzi contro la Camusso, degli stessi che sono al contempo al potere e all'opposizione. E non è un caso se nelle mozioni sono stati presentati  testi pressoché identici dai "gemelli diversi" di Rifondazione e partito dei Comunisti italiani, uniti al cordone ombelicale del PD solo quando si passa per le urne, quando pur di strappare una sedia si è pronti a tutto e attualmente su versanti opposti nel consiglio spezzino.
I Renzi, le Camusso, sono lo jin e lo yang desolante dello stesso spettro di una politica vecchia e ammuffita. Creano il problema e quando gli animi sono abbastanza agitati creano la valvola di sfogo, una finta soluzione e se va bene si prendono pure gli applausi.

L'articolo 18 rischia di essere l'ultima bufala della sinistra, o centro sinistra, o polo moderato di sinistra, ma con un occhio al centro o come meglio crediamo sia utile chiamarli.
Renzi lo vuol elimiare nel nome di un liberismo a suo dire anch'esso di sinistra, appoggiato dai Brunetta e Serracchiani di turno. 
I Vendola, i D'Alema e i Bersani, che fino a ieri hanno creato tutte le condizioni di un precariato che la fantasia perversa di un sadico non avrebbe saputo partorire, cercano un loro riscatto che coincide accidentalmente con la difesa del diritto (sulla carta) al lavoro. 

Berlusconi tra un lifting e un bunga bunga dichiara che abolire l'articolo 18 è il suo cavallo di battaglia e questo dovrebbe far riflettere su come mai "destra  neoliberista" appoggi Renzi e il suo "liberismo di sinistra".

E più in basso, molto più in basso di tutto questo gran parlare, ci sono i veri motivi che frenano le assunzioni e gli investimenti. 
Ci sono le tasse su lavoro, impresa e redditi ormai al 65%, ci sono le privatizzazioni da parte di gruppi stranieri che ci vedono ormai come terra di conquista, c'è la burocrazia che per dar lavoro a dei passacarte si ingigantisce ogni giorno di più soffocando chi vorrebbe investire e lavorare, c'è l'accesso al credito che è talmente difficoltoso che è più facile ottenerlo con pistola e un passamontagna e ci sono quelli come me che, come detto sopra, articolo 18, 19 o 20, non sono mai stati difesi da un sindacato e sono considerati meno lavoratori di altri.
L'imperfetto articolo 18 non difende dalla delocalizzazione o dal fallimento dell'azienda. Non protegge tutti gli under 40  per i quali l'art.18 non opera perché sono stati assunti con contratti contorti che hanno salvato le capre dei sindacati e i cavoli degli imprenditori.
Difende forse la metà di chi può rientrare nella definizione da vocabolario di "lavoratore".
Non è cancellandolo o cambiandolo però che si salveranno posti di lavoro.
L'articolo 18 non va cambiato, va applicato.
Va esteso a tutti quelli che possono essere definiti lavoratori e che sono oggi privi di forme di tutela.
Ma nella società mono neuronica in cui viviamo proporre un "Si" e un "No" è più di impatto, è più catalizzante, estremizza di più.

Riportare l'attenzione sul vero problema, cioé che il lavoro non c'è, che i sindacati non fanno il loro dovere se non per pro forma con uno sciopero ogni tanto e che si devono aggiungere tutele al lavoro a prescindere dalla forma contrattuale di quest'ultimo, implicherebbe il dover discutere di contenuti, per cui è più facile andare avanti così. 
Articolo 18 No! Articolo 18 Si!

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